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Cooperazione & Relazioni internazionali

Il campo di Kavala e gli occhi neri di Racma

Settima puntata dal viaggio a Salonicco in Grecia: «Mi trovo in un campo di rifugiati a poche ore di macchina dalla Turchia»

di Paola Strocchio

«Ci vediamo in Italia!». Racma ha i capelli lunghi e neri, come gli occhi. E fin qui non c'è nulla di strano, perché mi trovo in un campo di rifugiati, questa volta a Kavala, a poche ore di macchina dalla Turchia. La cosa particolare è che Racma ha otto anni e le idee chiarissime sul suo futuro. Lei da grande vuole fare la dottoressa. «Dei bambini o dei grandi?», le domando.

Strabuzza gli occhi e mi risponde con candore: di tutti!

Poi, con quella naturalezza che soltanto i bambini riescono a conservare, si rivolge a Fatima, una sua amica. «Chiamami dottoressa Racma!». Fatima ride e ribatte: «E tu chiamami dottoressa Fatima!».

Poi si allontanano correndo verso quella che è la loro casa, con un’arancia in mano.

Un’arancia che a guardare la luce che ha portato sul viso di Racma deve essere magica.

Poco prima assieme ai miei compagni di avventura Luisa, Albino, Sara e Paolo e al coordinatore dell’associazione La Luna di Vasilika, abbiamo distribuito chili e chili di verdura, riso e passata di pomodori per tutti gli ospiti del campo.

Cipolle, patate, peperoni, pomodori per tutti. Che a pensarci bene potrebbe diventare uno slogan per qualche politico da strapazzo e che invece è il rispetto di uno dei tanti diritti sacrosanti che i rifugiati non vedono rispettati.

E poi ci sono le arance. Anzi, le Arance. Con la A maiuscola perché sono le più amate da tutti. Ma purtroppo oggi ce ne sono poche, perché sono quelle che sono rimaste dalle scorte previste dalla distribuzione in un altro campo.

Racma ha avuto un’arancia.

L'ha divisa in due parti e l'ha succhiata con un’avidità lenta, quasi – anzi, senza il quasi – a non voler lasciare andare via il sapore.

Il pensiero corre a mia madre, che ancora adesso che sono cresciuta, mi dice che le spremute di arancia fanno bene, e che dovrei farmene almeno una al giorno. Al mattino, però, perché l'arancia è oro al mattino, argento al pomeriggio e piombo la sera. Per Racma l'arancia vale più dell’oro. L'arancia è vita! È succosa, è colorata ed è nutriente. E poi è rotonda come il mondo, e il mondo, soprattutto per una bambina che davanti a sé deve avere una vita lunghissima, deve essere un’avventura meravigliosa in cui buttarsi.

«See you in Italy, Paula!», mi ripete ancora una volta prima di andarsene, in una maniera che non so se voglia convincere me o se stessa.

Paula. Lo stesso modo in cui mi chiamavano gli amichetti di mio figlio quando ancora erano piccini, e non riuscivano a pronunciare il nome Paola.

Quei ragazzini stanno diventando grandi, e hanno una mamma che, esattamente come la mia, fa loro spremute, perché le arance sono ricche di vitamine.

Racma invece continua ad assaporare la sua arancia. La prossima settimana, forse, ne arriverà un’altra. E la vita sarà di nuovo un posto colorato da gustare.


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